Ho letto nel web la trama del libro "Parla con Alex" e mi sono commossa, vorrei condividerlo con voi
Io e Alex: il pappagallo che sapeva cento parole, contava fino a sei e conosceva i colori. Per trent'anni, fino alla sua morte, nel 2007, è vissuto con un'etologa che insegna a Harvard. E che ora racconta in un libro la straordinaria amicizia con un animale intelligente come un bambino di cinque anni.
Pappagallo Cenerino : Una delle razze più predisposte al *linguaggio* Era prepotente e suscettibile, a trent'anni conosceva solo cento parole e aveva l'abitudine di maltrattare i più piccoli. Eppure, quando Alex un anno fa è morto, migliaia di persone al mondo hanno pianto insieme alla sua più cara amica, la ricercatrice Irene Pepperberg. Ora lei ha scritto un libro (Parla con Alex, Rizzoli) su questo straordinario pappagallo, la cui intelligenza era pari a quella di un bambino di cinque anni. Si tratta di una delle più bizzarre storie scientifiche degli ultimi decenni: comincia quando Irene, una chimica teorica avviata ad una brillante carriera al Mit, perde la casa per un incendio e si trasferisce temporaneamente a casa di un docente. Qui, seduta sul divano con i figli del suo ospite, scopre alla tv i primi tentativi di comprensione del linguaggio animale. È il 1973, e Irene lascia per frequentare corsi di etologia ad Harvard. Quindi sceglie di studiare i pappagalli. «Pensavo che usare un animale in grado di esprimersi direttamente, imitando i suoni umani, rendesse i risultati meno influenzabili inconsciamente dal ricercatore» ci racconta. Inoltre i pappagalli, a differenza ad esempio dei cani, hanno un mondo sensoriale molto simile al nostro, dominato da un'alta abilità nel produrre e percepire suoni e da una vista acuta e a colori.
Irene quindi si procura un pappagallo cenerino africano di un anno, lo battezza Alex (acronimo di Avian Language Experiment) ed inizia ad addestrarlo, usando un metodo innovativo: due persone si alternano, di fronte al pappagallo, nella parte dell'addestratore e dell'addestrato, coinvolgendolo in una sorta di interazione sociale fra piccoli e adulti simile a quelle che avvengono in natura. Il metodo sembra funzionare da subito, ma trovare i soldi per la ricerca appare molto più arduo e così Irene ed Alex sono costretti a vagare per gli atenei americani, circondati dallo scetticismo. Eppure Alex, già nel primo anno, grazie alla dedizione di decine di volontari impara il nome di sette oggetti e il concetto di colore. «Forse proprio l'essere stato circondato per anni da tante persone l'ha reso così straordinario. Lui pensava che noi fossimo il suo “stormo”, e quindi si sforzava al massimo di apprendere come comunicare con noi» racconta Irene. Nonostante un carattere capriccioso (si rifiutava di lavorare per giorni) e dispotico (obbliga i nuovi arrivati a correre qua e là per portargli tutto ciò che chiede) in pochi anni Alex impara l'uso appropriato di cento parole. Dimostra poi al mondo che gli uccelli sono dotati di alcune abilità mentali allora ritenute appannaggio di uomini e pochi altri mammiferi: la «generalizzazione» (riconoscere un oggetto anche se cambia dimensioni e colore), l'idea di «uguale e diverso», la comprensione di concetti astratti come forma, numero (fino a sei), materia e colore. Registrando i suoi borbottii solitari, la Pepperberg scopre anche che Alex ogni sera «ripassa la lezione» mormorando tra sé e sé le parole nuove che ha imparato. In breve apprende non solo brevi frasi, ma anche insulti («Tacchino!» è il suo preferito) e persino qualche «trucco»: quando combina pasticci si fa piccolo piccolo e mormora «I'm sorry», mentre indirizza struggenti «I love you» alle persone che più gli piacciono. Quando poi cominciano ad essergli affiancati nuovi pappagalli cenerini, entra anche nella parte dell'addestratore: fa lui le domande ai nuovi arrivati, rimproverandoli con «No!» se sbagliano o con un «Dillo meglio!». Talvolta lo chiudono in una scatola, ma anche da lì la sua voce si alza a dare le risposte giuste e correggere i colleghi. «Alla lunga» ammette oggi la Pepperberg «ho finito per considerarlo più un collega di laboratorio che un soggetto di ricerca». Intanto il cenerino diventa popolare in tv e sui giornali e nasce una fondazione (
www.alexfoundation.org). Dopo trenta anni di addestramento, Alex ha acquisito un'intelligenza pari a quella di un bambino di cinque anni: ha sviluppato il concetto di zero, l'uso della logica per risolvere problemi e ha iniziato persino ad associare a delle lettere il loro suono. In teoria avrebbe avuto ancora una ventina d'anni da vivere e chissà in quali altri modi avrebbe potuto stupire il mondo. Ma la sera del 9 settembre 2007, Alex saluta la sua amica Irene con il consueto «Fai la brava, ti voglio bene» e il giorno dopo viene trovato morto nella sua gabbia, ucciso da un'improvvisa aritmia cardiaca. Per giorni la Pepperberg resta in casa a piangere, ma a consolarla arriva un diluvio di messaggi da tutto il mondo, che le fanno capire quanto Alex e la ricerca che lei ha così testardamente condotto, siano stati importanti. «Credo che Alex fosse tanto amato perché ci ha fatto guardare in faccia la bellezza e l'unità della Natura e, con il suo cervello grande come una noce, ci ha fatto capire quanto sia folle sentirci superiori al resto del mondo vivente».
(Alex Saragosa – da Il Venerdì di Repubblica del 28/11/2008)